Il ragazzo con la Leica

Il ragazzo con la Leica

   Parlare di fotografia? Complicato.  Se oggi si può usare una compattina digitale da 36 Megapixel, o persino un cellulare o un tablet, e fare riprese migliori delle Hasselblad, non c’é più storia. A casa poi, qualche ritoccatina con quei nuovi magici software AI (si dovrebbe chiamarla post-produzione, come si è sempre fatto) e… “puff”. La foto? Un capolavoro! Corretto? Eppoi la risoluzione web aiuta.

  Beh, quando ho cominciato io – era il 1961 e avevo 16 anni- disponevo di una antidiluviana Kodak a soffietto e una Leica d’anteguerra di mio zio. Non avevo la più pallida idea di cosa fossero gli obiettivi, le pellicole, l’esposizione, la messa a fuoco. Papà mi diede un po’ di soldi per comprare un rullino per la Leica, e il vecchio Ferruzzi, negoziante in Strada Nova, me lo installò dicendomi “devi fare questo e quest’altro”. Risposi “sì, sì, sì”. Ma non avevo capito niente.

  Io amavo quel “giocattolo”, ero orgoglioso di andarmene in giro con la Leica al collo come i grandi, come quegli eleganti turisti stranieri che si aggiravano per Venezia in quegli anni. Il più delle volte scattavo senza pellicola, giusto per copiare i fotografi veri. Però cominciavo a guardare in modo diverso; studiavo luci, struttura della composizione, l’inquadratura. Ecco, proprio questo è stato l’inizio. Una cosa era sicura:  avevo contratto il virus! Anni dopo, incontrai i grandi fotografi nei libri dello studio di mio zio, l’architetto Enrico Venturini.

  Conobbi Weston, Ansel Adams e Cartier Bresson. Ma fu il libro “Venise des saisons”, che accese in me il fuoco. Gianni Berengo Gardin mi diede la visione giusta. Nel 1973, improvvisamente, la mia vita cambiò e iniziai il percorso per diventare un fotografo professionista, aprendo uno studio.

  Da anni mi ripetevo: devo mettere ordine al mio archivio fotografico. Un po’ la pigrizia e un po’ la quantità immane di materiale mi hanno fatto rimandare di continuo la cosa. Vent’anni fa, mentre stavo costruendo un sito Internet e avevo necessità di illustrazioni, ho scoperto, in una scatola dimenticata, un migliaio di slides che avevo messo da parte negli anni. Si trattava di foto eccellenti, tra le mie migliori, che avevo accantonato per qualche progetto editoriale futuro. Così è nata l’idea. Con un solo rimpianto: la decina di dossier con i negativi in bianco e nero ne contengono centinaia di migliaia e, scomparsi in un trasloco gli scatoloni con i provini, non ho animo di affrontare l’impresa…

La "Saca de la Misericordia" col Casin dei Spiriti (1967) "come fu e come non è più"
Due immagini di altri tempi (1967) dalla casa dove abitava mia nonna e dove sono nato io: il rio della Sensa e l'Abbazia della Misericordia.
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