Chiuse, museificate, non visitabili, lasciate a marcire. Idolatrate, vantate e poi vilipese e infine abbandonate. Raramente abitate, riusate -quelle fortunate- come municipi per piccoli comuni. Oppure trasformate in agriturismi, buoni per episodici sponsali e raduni aziendali; o in B&B extralusso col bilancio problematico; o sterilizzate e affidate al benemerito FAI, coccolati cadaveri in un cimitero culturale mummificato con biglietto, visita guidata domenicale e chiusura alle 18. O peggio, diventate ruderi, non più restaurabili. In generale -a detta di qualche proprietario – non sono riscaldabili, non sono ristrutturabili o frazionabili, richiedono restauri costosissimi e continui: “non sono economicamente gestibili”.
In pratica, questi magnifici monumenti di architettura, cultura, costume e società, simboli di un aspetto importante della grande civiltà veneziana, non sono più usabili: sono edifici alieni in un mondo che non è più il loro perché hanno irrimediabilmente perduto il ruolo e le funzioni per cui erano state edificate.